Tra maggio e giugno è circolata molto la voce secondo cui all’inizio della pandemia fossero state vietate le autopsie, di fatto impedendo di capire come effettivamente le persone fossero morte di COVID. Tra i vari sostenitori di questa bufala, oltre a degli screenshot virali su WhatsApp, troviamo Vincenzo D’Anna, l’associazione “L’Eretico” fondata da Giulio Tarro e Stefano Montanari, che tra l’altro sostiene anche che ai morti siano stati “bruciati i polmoni” con l’ossigeno.
Prima di parlare di come (ovviamente) le autopsie non siano mai state vietate, ci soffermiamo un attimo su questa teoria dei polmoni bruciati più volte sostenuta da Montanari (che non è un medico, ma un laureato in Farmacia idolo dei novax).
In terapia intensiva i malati di COVID più gravi, quelli in cui il livello di ossigeno nel sangue è troppo basso, vengono intubati e collegati a un respiratore. L’aria che viene così immessa nei polmoni del malato non è ossigeno puro, ma aria normale con dell’ossigeno extra proveniente da una bombola. In questo modo, nonostante il polmone sia malato, riesce a far arrivare al sangue abbastanza ossigeno da permettere al paziente di vivere. L’aria inoltre non arriva direttamente ai polmoni, ma passa per un umidificatore (o gorgogliatore) dove viene umidificata proprio per evitare che sia troppo secca e danneggi gli organi. L’intubazione quindi non è mai stata dannosa per i ricoverati in terapia intensiva, ma era letteralmente l’unico modo per far arrivare abbastanza ossigeno nel loro sangue (ricordiamo a Montanari, nel caso ci leggesse, che l’ossigeno è indispensabile per la sopravvivenza).
Tornando al discorso iniziale però, le autopsie non sono mai state vietate, ma c’è stata una circolare del Ministero della Salute in cui veniva detto che fosse sconsigliato eseguirle nei casi di COVID conclamati. In parole povere, se uno era palesemente morto di COVID, non c’era bisogno di un’autopsia per dichiararlo (nel caso ve lo chiedeste, è normale che non vengano fatte le autopsie quando la causa della morte è palese).
Altro discorso rispetto all’autopsia invece è l’esame anatomopatologico, in cui si vanno a cercare le cause “scientifiche” della morte. Dato un morto di COVID, come ha fatto esattamente il virus a ucciderlo? Quali organi ha danneggiato? Che fenomeni ha causato? Questo tipo di analisi autoptica rientra in quelle esplicitamente permessi dalla circolare quando fa riferimento alle autopsie svolgibili “per motivi di studio e approfondimento”.
La circolare prosegue descrivendo come svolgere le autopsie in sicurezza, come trattare i campioni ottenuti, e su come disinfettare in seguito i locali: tutte cose che non sarebbero neanche state menzionate se lo scopo della circolare fosse stato un divieto assoluto.
Infine, coi dati raccolti dalle autopsie sono stati pubblicati numerosi studi sulla patogenesi del COVID, tra cui uno svolto dall’Università di Trieste sui morti del periodo di febbraio marzo.
La cosa più grave di questa notizia (palesemente) falsa, non è tanto il fatto in sé, ma il discredito e la sfiducia che sono stati gettati sulle istituzioni e sui medici, arrivando addirittura ad accusarli di “strage di stato” e creando un clima di odio nei loro confronti davvero assolutamente immeritato.
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